Come cambiare colore al cielo

Dopo le parantesi musicali, di viaggio e utopiche degli ultimi post, e prima di cambiare del tutto argomento con alcune sorprese, inauguriamo il 2021 qui sul blog tornando a parlare del mio ultimo fumetto breve in bianco e nero: Il colore del cielo.

Se ve lo siete perso, vi ricordo che potete leggerlo gratuitamente qui e, già che ci sono, vi segnalo anche questa bella recensione scritta da Mecenate Povero sulle pagine de Gli Audaci. Ovviamente vi consiglio di leggerla solo DOPO aver letto il fumetto e, altrettanto ovviamente, ringrazio di cuore i Mecenati e gli Audaci per il supporto costante alle mie storie.

Storie che ultimamente si divertono a fare quello che vogliono e sconvolgere i miei piani.

L'idea che sta alla base de Il colore del cielo, infatti, era già apparsa nei taccuini qualche tempo fa, in alcune frasi e appunti, ma ero convinto che la sua realizzazione non fosse imminente. Poi è arrivata la pandemia, il lockdown e...  questo disegno, realizzato sul tablet, durante una delle numerose sere passate in casa.


Si trattava del mio primo incontro con la piccola Daisy, seduta sul tetto di un luogo misterioso e impegnata in una videochiamata con qualcuno a cui voleva bene.

Non potevo non saperne di più e, infatti, qualche giorno dopo, ecco fare capolino Tom, il fratello minore di Daisy, in questo schizzo che ho poi rielaborato in una delle prime tavole della storia. 


Già si intuiva che l'ambientazione della vicenda sarebbe stata tecnologica e claustrofobica, piena di dettagli e particolari... insomma che sarei finito, come al solito, a complicarmi la vita.

Ciò nonostante questi ambienti metallici, poco illuminati, attraversati da cavi e tubi, mi affascinavano e così ho continuato ad esplorarli nei successivi due disegni: gli interni di una serra, ispirati ad alcuni concept realizzati della NASA per coltivare piante nello spazio.



La storia sarebbe stata ambientata, quindi, in un astronave? Non proprio... ma di sicuro avrebbe parlato del futuro. O forse no, sarebbe stata ambientata nel futuro ma, in realtà, avrebbe parlato del presente.

Entrambi scenari poco rassicuranti, comunque, perlomeno a giudicare dall'espressione di Willow, la destinataria della videochiamata fatta da Daisy, che ho conosciuto, qualche giorno dopo, in questo schizzo:


Un disegno alla volta, un appunto dopo l'altro, le idee si sono fatte sempre più chiare e i personaggi erano sempre più impazienti di iniziare a parlare. Li ho ascoltati e ho riportato tutto quanto nello storyboard, grazie al quale ho trovato conferma di avere tra le mani una storia breve di una dozzina di pagine.

Per chi non lo sapesse, lo storyboard è una versione di prova dell'intera storia, disegnata molto velocemente, fondamentale per controllare che il numero di pagine sia adeguato, che la narrazione sia fluida, che il ritmo sia quello desiderato, che le inquadrature scelte siano efficaci... e altre mille cose, con cui non vi tedierò. 
Vi mostro, invece, lo storyboard di tavola 3, senza dialoghi, a titolo di esempio:

 
Prima di procedere con i disegni definitivi, però, era necessario un altro passaggio preliminare: definire per bene l'aspetto dei personaggi, sia quelli che avevo iniziato a conoscere in questi schizzi sia quelli che per ora si erano mostrati solo di sfuggita (c'era una signora riccioluta nella serra o sbaglio?)

Insomma, era arrivato il momento di affrontare il cosiddetto character design.

Ed è quello di cui parleremo nel prossimo post.