Oltre il Winkies - Mulholland Dr.


Ho opinioni contrastanti su David Lynch.

Una parte di me lo considera semplicemente una persona con gravi problemi nel rapporto col proprio inconscio.

The Air is on Fire, la mostra di suoi quadri, fotografie e corti che ho visto alla Triennale di Milano non ha fatto altro che confermalo.
C’è qualcosa dentro Lynch che lo terrorizza, il residuo degli istinti animali, forse.
O Bob, come direbbe lui.

Alcune sue opere (Eraserhead, qualche episodio di Twin peaks, Fuoco cammina con me) sembrano riflettere soltanto questa condizione, perdendosi in trame inesistenti o noiose e in recitazioni sbiadite. Come se l’intera narrazione fosse solo un pretesto per mettere in scena demoni interiori, che, per quanto esemplificati in immagini inquietanti ed efficaci, non riescono a coinvolgermi più di tanto.

D’altro canto, in altri suoi film (qualche episodio di Twin Peaks, Velluto blu, e il Mulholland Dr. di cui parlerò) a voler ben guardare una trama c’è, seppure nascosta tra scene criptiche e apparentemente senza senso. Forse è un errore cercare coerenza (o imporre coerenza), in un autore che punta più sulla suggestione, sulla forza delle immagini, sul mistero e sulla casualità, che sulla narrazione, almeno a quanto sostiene. Ma il problema è che queste trame, imposte o meno, mi coinvolgono. E sono molto più inquietanti delle immagini che le compongono. Anzi, riescono a liberarsi dai limiti dell’inconscio malato di Lynch e a raggiungere parti del mio inconscio. Che se non sano, perlomeno credevo un po’ più al sicuro.

Mulholland Drive ne è l’esempio più azzeccato.
Se si riesce a sopportare la prima ora e mezza, piena di fantasie inespresse realizzate su celluloide e in cui l’interesse dello spettatore viene mantenuto vivo solo dall’inquietante premessa dell’uomo dietro al Winkies (o dalla storia d’amore lesbica, dipende dagli interessi), l’ultima mezz’ora circa del film regala il meglio di Lynch.

Più esattamente a partire dalla scena del teatro, che può essere considerata una spiegazione non solo del film che si sta guardando, ma anche del cinema in generale. Se non addirittura della vita.

L’uomo dietro al Winkies è, di sicuro, la verità dietro ai sogni della protagonista. La tristezza dietro alla Hollywood caramellosa e anni 50 della prima parte del film. Ma è anche la disperazione intrinseca nelle relazioni interpersonali, che inevitabilmente creano dolore.
E forse, se non sto esagerando a vedere significati dove non ci sono, è anche l’inconscio primitivo di base su cui costruiamo tutte le nostre illusioni di società civile. Le pulsioni animali incontrollate che spaventano così tanto Lynch.

Possiamo cantare quanto vogliamo, ma la canzone è in playback e la realtà è ben diversa.

Siamo animali.

Una rivelazione che, in realtà, non è per nulla rivelazione. Tutto sta nel rapporto che instauriamo con quegli istinti, nel volto che decidiamo di dar loro.
E qui torniamo all’ossessione di Lynch. Gli istinti sono egoistici, violenti, sessualmente malati, incontrollabili e portano solo dolore e morte. Forse è pessimismo, o solo realismo, non so.

Di certo pensando alle notizie più terribili, attraversando di notte una strada buia, circondati dal mormorio del vento e inquietati dal cigolare di un cancello lontano, non si può non pensare a questa teoria. E chiedersi se non volerla fronteggiare sia solo rifiutarsi di andare oltre il Winkies.

Forse la cultura umana è davvero una spettacolo d’illusionismo sopra gli abissi primordiali dell’inconscio.
Un velo facilmente strappabile.
Finchè riusciamo a crederci, a fingere che sia reale, possiamo tirare avanti.

Ma se perdiamo questa capacità, questa fede…

Silenzio.



P.s. : In questa piccola riflessione delirante non ho tirato in ballo The elephant man perché questo film è, senza troppi fronzoli, un capolavoro. Ho il sospetto che qualcuno abbia limitato/aiutato Lynch per renderlo tale.

P.p.s. A proposito della mostra. Scena memorabile: due vecchiette scandalizzate davanti a delle foto di nudi ritoccate in modo malsano… povere signore che nel tempo libero della terza età vogliono sembrare acculturate e finiscono tra le fauci di Lynch…