Sbagliare è giusto

Una tavola sbagliata, ecco cos'era.

Ricordate la speranza con cui chiudevo l'ultimo post?

Bene, tempo neanche un giorno e mi sono reso conto che la prima pagina a mezzatinta non funzionava.
Non che fosse orribile, ma qualcosa non tornava.

Insicuro su come procedere, ero tornato a utilizzare una tecnica simile a quella de I Palazzi e forse proprio lì stava il problema. Mi ero rifugiato in qualcosa che conoscevo, perdendo di vista il segno che avevo in mente, quello che davvero serviva alla storia.

Avevo fatto un passo indietro, rispetto alle tavole in bianco e nero.
E rischiavo di rimanere bloccato.

Per un paio di giorni mi sono aggirato per casa depresso, evitando il tavolo da disegno e il blog, sentendomi un incapace e temendo per la sorte del fumetto.

Poi la sera del mio compleanno, dopo una passeggiata, ho preso dei pezzetti di foglio destinati alla pattumiera e ho provato a fare degli schizzi veloci, senza aspettative o ragionamenti.


Cercando di dipingere come volevo, divertendomi con l'acqua e l'inchiostro.
Ed eccolo lì, il segno giusto, che mi guardava dalla carta.
Spontaneo, fresco, forse poco comprensibile ma, inevitabilmente, nelle tavole sarei stato più controllato, più chiaro e preciso.

Ciò che più contava, questo segno derivava da quello delle tavole precedenti, era suo figlio, una sua versione alternativa.

Era parte integrante della storia.

Rincuorato da una manciata di schizzi, la mattina dopo ho affrontato una nuova pagina, cercando un buon compromesso tra libertà espressiva e narrazione (come spero possiate apprezzare dalla vignetta che apre il post).

La tecnica era, ed è, ancora da migliorare, ma la nuova tavola, insieme alle successive, sembra confermare che, questa volta, la strada potrebbe essere giusta.

Quindi, diamo un taglio alle chiacchiere e alle paranoie, e procediamo con le ultime quattro tavole del capitolo uno.